12 marzo 2008

Fuori le donne!

Era l'ottobre del 2005 quando, Berlusconi al governo, il Parlamento discusse e votò la proposta di legge sulle "quote rosa".

Secondo la proposta avanzata dall'allora ministra per le pari opportunità Prestigiacomo, i partiti avrebbero dovuto presentare liste di candidati con un minimo del 25% di donne.

La proposta sembrava sottodimensionata a molte esponenti politiche di entrambi i fronti, ciononostante venne bocciata - al grido di "fuori le donne!" - dal partito trasversale dei "maschi": 452 voti contrari e solo 140 a favore.

In quell'occasione, forse mosso dalle lacrime di umiliazione della Prestigiacomo, Berlusconi affermo' che Forza Italia si sarebbe comportata "come se", cioè come se le quote rosa fossero state stabilite per legge. Senza andare a riguardare i dati delle elezioni 2006, vediamo un po' come il nuovo soggetto politico creato da Berlusconi si è comportato stavolta.

Mettiamo le cose in chiaro da subito: i numeri del PdL, per quanto riguarda la presenza femminile nelle sue liste, non sono neanche lontanamente comparabili con i numeri del PD. Il PD presenta semplicemente il doppio di donne, sia in assoluto che nelle prime 10 posizioni.
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La foto che emerge dall'analisi approfondita dei dati del PdL è invece molto più variegata di quella del PD, benché una tendenza generica a posizionare le donne nella parte bassa delle liste (che si era rivelata una costante nel caso del PD) possa essere individuata anche in questo caso.
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Questa volta pero' ci sono alcune eccezioni, che vanno pero' lette alla luce dei valori assoluti di partecipazione femminile. Non debbono perciò ingannare più di tanto i casi apparentemente positivi. In genere sono infatti generati da un numero talmente esiguo di donne in lista da determinare "falsi positivi". Questo vale per il Piemonte (II circoscriz.), dove ci sono solo 2 donne in lista; per l'Abruzzo, dove le uniche due donne in lista sono entrambe nei primi 10 posti. Il caso della Calabria, tuttavia, dove 3 delle 4 donne in lista sono collocate fra i primi 10 candidati, è invece da prendere come esempio positivo.

Ma vale anche il discorso inverso, e non si possono ignorare i casi di Friuli, Puglia, Basilicata, Sicilia (circoscriz. I) e Sardegna, dove non ci sono donne nelle prime 10 posizioni.

Il posizionamento medio delle donne rappresenta ugualmente una situazione più variegata per il PdL rispetto al PD:
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Il posizionamento medio delle donne non è sempre peggiore di quello degli uomini: valgono quindi le eccezioni di Trentino-Alto Adige, Abruzzo, Campania II, Puglia e Calabria, dove le donne in media si pongono meglio degli uomini.

Sembrerebbe potersi ipotizzare, alla luce di quanto sopra, che il PdL, non essendosi neppure posto il problema della presenza femminile nelle sue fila, si sia mosso in maniera più libera, posizionando le donne per quello che è stato ritenuto opportuno.

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